domenica 7 dicembre 2008

Aspetto la crisi rosicchiando ossa


Knut Hamsun

Rimuginando sulla crisi dell'economia ( non si parla d'altro sui giornali, alla radio in tivvù), mentre toglievo un pò di polvere dallo scaffale della mia libreria, mi è caduto tra le mani un bellissimo romanzo autobiografico dato alle stampe nel 1890; "Fame" di Knut Hamsun (Nobel alla letteratura, 1920).
Di seguito riporto alcuni significativi stralci :
(Piccola Biblioteca 17; Adelphi Edizioni, 2000)

Avevo una fame atroce. Avevo tanta fame che non sapevo dove sbattere la testa. Mi torcevo sulla panchina e premevo le ginocchia contro il petto. Quando fu buio mi trascinai fino al Municipio. Dio solo sa come vi potei giungere. Là sedetti sulla ringhiera della scalinata. Mi strappai una tasca della giacca, me la ficcai in bocca e mi misi a masticare, ma senza pensarci, aggrottando la fronte: i miei occhi guardavano nel vuoto senza vedere. Intorno c'erano alcuni ragazzi che giocavano: Li udivo come attraverso una nebbia, e così udivo i passanti. Ma non pensavo a nulla, non vedevo nulla, non udivo nulla. A un certo punto mi venne in mente che avrei potuto andare a prendere un pezzo di carne cruda al mercato della carne. Mi alzai, salii di sbieco la scalinata del Municipio e, giunto all'altezza dei chioschi dei macellai, scesi e mi trovai quasi in mezzo alle bancarelle. Allora mandai una voce su per le scale come se comandassi a un cane di rimanere lassù e mi rivolsi audacemente al primo macellaio che mi trovai davanti: "Sentite, fatemi un piacere, datemi un osso per il cane. Soltanto un osso. Non occorre che ci sia carne attaccata. Basta che abbia qualche cosa da mettere sotto i denti.". E ricevetti un osso, un osso bellissimo al quale era attaccata anche un pò di carne. Me lo infilai sotto la giacca e ringraziai con tanta effusione che il macellaio mi guardò stupefatto. "Non c'è di che" disse. "Oh, non dite così" sussurrai. "Siete molto gentile". E risalii le scale con un gran batticuore. M'internai in un vicolo, lo Smedgang, e mi fermai presso una vecchia porta sgangherata. Quel buio era il benvenuto. e incominciai a rosicchiare l'osso. Non sapeva di niente. Puzzava di sangue guasto e mi venne subito da rigettare. Provai una seconda volta: se riuscivo a tenerla nello stomaco, la carne doveva pure agire. Il difficile era tenerla: Infatti fui costretto a rimetterla. Montai in collera, morsi furiosamente la carne, ne strappai un brandello e lo inghiottii per forza. Inutile. I pezzetti di carne, appena si scaldavano nello stomaco, ritornavano su. Stringevo i pugni, piangevo dalla disperazione e masticavo come un ossesso. L'osso era tutto bagnato delle mie lagrime e non facevo che rimettere bestemmiando e rosicchiando, mentre pareva che il cuore mi scoppiasse. E a gran voce sacramentavo contro tutte le gerarchie celesti. (pagg. 131-132)

Ecco, le cose stanno in questo modo: la mia povertà ha acuito in me certe facoltà al punto che talvolta mi provocano vere sofferenze. Si, vi assicuro, vere sofferenze, purtroppo. Ma anche questa sensibilità ha i suoi vantaggi. in certe situazioni mi è di aiuto. Il povero intelligente è un osservatore assai più sottile che non il ricco intelligente. A ogni passo che fa, il povero si guarda intorno e tende l'orecchio diffidente a tutte la parole di coloro che incontra. Ogni suo passo presenta, per così dire, un compito, una fatica ai suoi pensieri e sentimenti. Egli ha l'udito acuto e sensibile, è esperto e ha l'anima segnata di cicatrici... (pag.147)


Nessun commento: